A tu per tu – A proposito di: Fecondazione Assistita

A tu per tu – A proposito di: Fecondazione Assistita

La rubrica per svelare falsi miti e mezze verità che gravano sul tema della fertilità

Dott.ssa, in media, quanto dura un trattamento di fecondazione assistita?
Dopo quanto tempo si ottengono i risultati?

Fecondazione assistita

Quando si parla di “Fecondazione assistita”, data l’ampiezza della materia e la varietà dei trattamenti non esiste una durata standard. Anche perché, prima di intraprendere il percorso di Fecondazione Assistita vero e proprio è necessario effettuare tutta una serie di accertamenti volti ad individuare le cause dell’infertilità, per agire subito con il procedimento più adatto senza andare per “tentativi”.
Infatti, a seconda dei risultati si selezionerà il trattamento di Fecondazione Assistita opportuno, di I o II livello.

Le tecniche di II livello – le fasi

Per quanto riguarda le tecniche di Fecondazione Assistita di II livello, l’inizio del trattamento si colloca al secondo o terzo giorno del ciclo mestruale, quando il medico da avvio alla stimolazione ovarica controllata a base di farmaci (gonadotropine) che inducono l’ovaio a produrre un numero adeguato di follicoli – normalmente nel ciclo mestruale si forma un solo follicolo.
Chiaramente tale stimolazione farmaceutica del ciclo varia di paziente in paziente, a seconda di determinati parametri di riferimento. Inoltre, per evitare lo scoppio follicolare anticipato, si utilizzano anche dei farmaci ad hoc.
Tuttavia, in generale, tale stimolazione dura in media 10 giorni e, quando i diametri dei follicoli raggiungono le dimensioni adeguate, si procede al prelievo ovocitario (pick-up). Momento in cui, sotto guida ecografica, si aspirano dall’ovaio della paziente in sedazione i follicoli contenenti gli ovociti.

A quel punto avviene la vera e propria “Fecondazione in Vitro”, ovvero in laboratorio gli ovociti della paziente vengono uniti agli spermatozoi. Dopo tre o cinque giorni si esegue il transfer embrionario.
Dopo circa dodici giorni da quel momento, la paziente può effettuare il test di gravidanza per verificare se il trattamento di Fecondazione Assistita è andato a buon fine.

Dunque, alla luce di questa spiegazione, senza considerare il tempo necessario per le analisi e gli accertamenti precedenti al trattamento, è possibile affermare che un trattamento di Fecondazione Assistita di II livello ha una durata pari al tempo di un normale ciclo mensile, considerando l’intervallo che intercorre tra l’inizio del trattamento e l’esito della risposta del test di gravidanza.

Dopo quanto tempo consiglierebbe ad una coppia di rivolgersi ad un medico specializzato?

Basandoci sulla definizione coniata dall’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità, una coppia si definisce infertile dopo 12-24 mesi di rapporti non protetti. Ovviamente si tratta di una definizione generica che va sempre rapportata alla realtà della coppia stessa cui ci si riferisce, perché chiaramente i parametri cambiano di caso in caso.
La prima valutazione importante da fare è relativa all’età della partner femminile della coppia. Infatti, quando si parla di fertilità il fattore anagrafico è fondamentale. In particolare, se nella coppia la partner femminile ha superato i trentacinque anni d’età ritengo che sia molto importante, quanto urgente, rivolgersi ad uno specialista.
Nei casi in cui uno o entrambi i partner siano a conoscenza o sospettino la presenza di determinate patologie è consigliabile effettuare tutti i controlli tempestivamente.
Troppo spesso nella mia esperienza ho incontrato coppie che hanno perso anni preziosi in trattamenti sbagliati proprio a causa del fatto di non aver effettuato tutti i necessari esami diagnostici.
Secondo le statistiche, una coppia con problemi di infertilità impiega in media 4 anni prima di arrivare a rivolgersi ad un medico specializzato. Quindi, il mio consiglio alle coppie in cerca di un bambino è di evitare le esitazioni e rivolgersi il prima possibile ad uno specialista di riferimento per essere certi di affrontare la situazione nel modo migliore.

C’è un’età consigliata per intraprendere un trattamento di fecondazione assistita.

L’età femminile è fondamentale per il successo della fecondazione in vitro. Non esiste un’età particolare per rivolgersi alla tecnica ma sicuramente più è giovane la partner femminile tanto maggiori saranno le possibilità di successo.

La fecondazione assistita può avere effetti collaterali?

Questa è la domanda che più frequentemente mi pongono le pazienti che si avviano ad affrontare un trattamento di fecondazione assistita.
Innanzi tutto, è importate distinguere il genere di effetti collaterali che si possono presentare.

Gli effetti collaterali legati alla stimolazione ovarica

Alcuni effetti sono legati a lievi disturbi durante la somministrazione delle gonadotropine (gli ormoni che si usano per stimolare l’ovaio a produrre un numero adeguato di follicoli) che possono manifestarsi con sensazioni di gonfiore, ritenzione idrica, stanchezza, cefalea. Tali sintomi variano da donna a donna, tuttavia, la maggior parte delle pazienti non accusa alcun disturbo.
Va tenuto presente che la stimolazione ovarica comporta un aumento degli estrogeni in circolo, che determinano un’amplificazione delle sensazioni tipiche del periodo peri-ovulatorio di un ciclo fisiologico.
Il consiglio, soprattutto per coloro che praticano molto sport, è quello di moderare l’attività fisica nel periodo della stimolazione.

La Sindrome dell’Iperstimolazione

A volte può accadere che le pazienti rispondano in modo esagerato alla stimolazione ovarica, Sindrome dell’Iperstimolazione, in tal caso la sintomatologia può essere di entità così elevata, da richiedere anche un ricovero. Ad ogni modo, è opportuno sottolineare che questo era più frequente in passato, dal momento che oggi la stimolazione ovarica viene pianificata “su misura” per ogni paziente, in base a specifiche caratteristiche ormonali oltre a fattori come età, peso, riserva ovarica (valori di AMH). Inoltre, il differimento del transfer embrionale in cicli successivi, reso possibile grazie al congelamento degli embrioni, ha ridotto sensibilmente la possibilità di insorgenza di tale sindrome.
Infatti, le tecniche di congelamento degli embrioni hanno raggiunto un livello di perfezione talmente alto da non costituire più un rischio per la percentuale di successo del trattamento.
Il legame tra cure ormonali e patologie oncologiche
Il timore più importante che le donne manifestano è legato alla possibile connessione tra l’uso di sostanze ormonali e l’insorgenza di patologie oncologiche.
Tale argomento è stato ed è tuttora oggetto di numerosi studi, i cui risultati non sono del tutto concordi.
Oggi il 15-20 % di donne non riesce ad avere figli, nello stesso tempo, l’età in cui si cerca una gravidanza è sempre più alta; di conseguenza, l’uso di gonadotropine è aumentato rispetto al passato. Dal momento che le gonadotropine determinano un aumento degli ormoni femminili è lecito chiedersi se possano sussistere degli effetti nocivi sui cosiddetti organi bersaglio: ovaio, utero, mammella.
Tuttavia, i dati finora raccolti sono confortanti, dimostrando che, ad oggi, non ci sono chiare evidenze di un aumento dei tumori nelle donne che si sottopongono a stimolazione ovarica.
Infine, bisogna aggiungere, che prima di intraprendere un trattamento di fecondazione assistita le potenziali pazienti vengono sottoposte ad attentissimi controlli, screening ed esami, a partire da un’accurata anamnesi volta ad evidenziare familiarità con patologie tumorali, per continuare con indagini specifiche su mammella utero ed endometrio.

Dott.ssa Maria Rita Rampini

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